lunedì 28 gennaio 2013

La riscoperta del Quasismo

alcuni giorni fa (il 24 gennaio) su twitter l’Ing. Fasano ha inviato questo tweet:
La settimana è finita (quasi), gennaio è finito (quasi), l'inverno è finito (quasi) la crisi è finita (quasi). In Italia siamo così: quasi.
Il tweet è acuto ma contiene due imprecisioni, una temporale e una spaziale: l’inverno era infatti appena iniziato (ne mancavano quasi i 2/3, visto che finisce il 21 marzo) e l’atteggiamento del “quasi” non è una priorità italica. Benché infatti l’Italia rappresenti oggi uno dei Paesi in cui è più diffuso, esso, come vedremo, viene da molto lontano.

Ho quindi deciso di prendere spunto da qui per ricostruire rapidamente la storia del Quasismo, una antica filosofia, praticata inconsapevolmente da molti, che è stata espulsa dalla storia ufficiale del pensiero (tanto che nemmeno Wikipedia ne parla).

Il Quasismo, breve introduzione

Ma cosa predica il Quasismo? si chiederanno i miei tre lettori. Per comprenderlo, un esempio vale più di mille parole.

Pensate ai vostri colleghi, agli amici, ai familiari. E adesso provate a contare le volte nell’ultimo mese in cui alla domanda “hai finito quel lavoro?” o “hai fatto quella cosa che ti avevo chiesto?” vi siete sentiti rispondere: “QUASI”.

Immagino che non siete in grado di dire quante volte è successo. Eppure sapete che è successo.
Questa è la forza (e la debolezza) del Quasismo: il suo mimetismo concettuale, la sua omocromia sociale, il suo camaleontismo ideale. Ogni giorno centinaia di milioni di esseri umani nel mondo (esclusa la Germania, dove non ha mai attecchito) praticano atti di Quasismo senza accorgersene.

Le origini del Quasismo: Anabolardo di Isterizo

Ma alcuni pensatori, nella storia, sono stati in grado di squarciare il velo che nasconde ai più la vera essenza della nostra vita: il Quasi.

Il primo filosofo di cui abbiamo notizia fu Anabolardo di Isterizo, uno dei presocratici meno noti al grande (ma anche al piccolo) pubblico.

Mentre altri ragazzotti nullafacenti della Magna Grecia si baloccavano con il fuoco, l’Essere, l’aria, gli atomi o il Numero (con la N maiuscola) egli capì che alla base di tutto c’era il σχεδόν [scedon], il quasi.

Ci sono rimasti due frammenti molto chiari di Anacardo:

Quasi è all’inizio e Quasi è alla fine
Quasi Quasi mi vado a fare un goccio alla taverna

Il Quasismo nella filosofia contemporanea

Purtroppo Socrate non prese in considerazione la tradizione Quasistica e questo comportò che per secoli nessun pensatore si preoccupò del significato del Quasi.

Tuttavia nel XIX secolo il Quasi tornò per un breve periodo al centro della riflessione filosofica. Due pensatori, in particolare, ne svilupparono l’analisi prendendo tuttavia due strade diverse. Due strade che ancora oggi segnano uno spartiacque tra due modi forse radicalmente opposti di considerare il Quasi.

Sto parlando, naturalmente, del Quasismo Ideale di matrice latina e del Quasismo Pragmatico di matrice anglosassone (come detto, i tedeschi hanno grandissimi problemi a comprendere il Quasi).

Il Quasismo Ideale fu sviluppato in origine dal filosofo spagnolo Pablo Cerca de Casi.
Il suo fondamentale testo “Ho quasi finito questo libro”, purtroppo non fu mai pubblicato: ce ne rimane tuttavia una versione incompiuta su cui il pensatore lavorò fino all’ultimo giorno.
Per il Quasismo ideale il Quasi è il massimo a cui l’essere umano (imperfetto) può aspirare, poiché la completezza e la compiutezza sono solo di Dio (si notano gli influssi della tarda scolastica in questa posizione).
Tuttavia l’uomo non lo sa e quindi passa l’esistenza a cercare di superare il Quasi: ma gli effimeri successi di questa tensione si rivelano sempre caduchi o illusori (sempre escludendo la Germania).

Il Quasismo pragmatico, teorizzato dal filosofo inglese John Almost, è in netto contrasto con la visione pessimistica e rinuciataria del Cerca-de.
Secondo Almost è vero che il Quasi è l’alfa e l’omega dell’esistenza dell’Uomo. Tuttavia questo avviene perché il Quasi è già la perfezione e ogni idea di superarlo è una illusione che solo quei fannulloni che vivono in panciolle sulle spiagge del mediterraneo possono coltivare.
Una fondamentale riflessione che (e qui si vede il profondo legame con il nostro Paese) l’Almost espresse con la frase forse più famosa della sua produzione. Una frase scritta in milanese: Piutost che nient l’è mej Piutost

mercoledì 2 gennaio 2013

Bob Aggiustatutto e il complotto della lobby dei costruttori


Ultimamente il mostriciattolo numero 1 si sta appassionando a un nuovo cartone: Bob Aggiustatutto.

Come argutamente segnala la stessa Wikipedia “In italiano il titolo è stato travisato perché in realtà il protagonista (Bob the Builder) è un costruttore”.

Le vicende di ogni puntata si snodano attorno alla realizzazione di un edificio o di una qualche struttura (una nuova latteria, un giardino botanico, una piscina olimpionica e così via). 
Il tutto avviene nella ridente Valle dei Girasoli, una amena località in cui il nostro Bob opera coadiuvato da una serie di macchine da lavoro che, naturalmente, sono antropomorfizzate (che appare una citazione o forse un plagio del Trenino Thomas).

Bob Aggiustatutto con la sua squadra di macchine.
Sullo sfondo la Valle dei Girasoli prima che i nostri eroi la cementificassero

Fin qui tutto abbastanza bene.

Le puntate sono simpatiche, i personaggi positivi, la trama basata sulla squadra che, lavorando assieme, sistema il casino fatto da uno dei personaggi (secondo lo stesso schema “etica protestante” del Trenino Thomas).

Ma poi uno inizia a vedere qualche puntata e ci si rende conto che questo cartone è chiaramente un subdolo tentativo della lobby dei costruttori di indottrinare i piccoli.

Mettiamo in fila un po’ di fatti:

1. Bob vive nella piccola Valle dei Girasoli e ogni giorno costruisce un nuovo edificio tra il giubilo generale. E spesso si tratta di grossi insediamenti, anche di carattere produttivo (ieri per esempio costruiva un caseificio).

2. In genere questi edifici vengono costruiti in un giorno. Ora: o Bob è il costruttore più veloce del mondo, o ci troviamo di fronte a gravi mancanze dal punto di vista strutturale. Comunque si dà l’impressione ai pargoli che costruire una casa sia questione di poche ore, una operazione pulita e tranquilla.

Bob e la sua squadra si apprestano a devastare
felicemente un'altro pezzo della Valle dei Girasoli
3. Nel cartone non c’è mai nessuno che lamenta del consumo di territorio, mai un problema di licenze edilizie, mai un accenno a oneri di urbanizzazione o aree standard da cedere al comune.

4. Naturalmente non si parla mai nemmeno di permessi di costruzione o almeno di una DIA: non dico che siamo ai livelli di abusivismo dei Barbapapà, ma qualche sospetto viene (d’altronde mr. Bernard Bentley, il Sindaco della Valle dei Girasoli, ha una faccia da corrotto che metà basta…).

5. Alcuni degli edifici sono pubblici, ma anche qui non si parla mai di gare d’appalto. D'altronde Bob lavora in regime di sostanziale monopolio

A ben guardare nelle ultime puntate la Valle dei Girasoli viene sempre inquadrata con dei campi molto stretti: quasi a far presagire che della valle amena non sia rimasto che qualche scorcio, essendo evidentemente tutto il resto occupato dagli oltre 80 (ottanta!) edifici costruiti da Bob, il palazzinaro di Rai YoYo…